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Come Impariamo? – Il Karate e i Neuroni Specchio

Come Impariamo? – Il Karate e i Neuroni Specchio

Come Impariamo? – Il Karate e i Neuroni Specchio

La modalità principale con cui noi esseri umani ci proiettiamo verso l’apprendimento, specialmente quello di strutture motorie – ma non solo – è l’apprendimento per imitazione tramite i neuroni specchio.

Osservare, comprendere, riprodurre: queste tre macro-fasi sono alla base, fra le tante, dello sviluppo delle capacità motorie. Quindi, se ti sei mai chiesto come impariamo ad imparare, o più semplicemente, come fanno i bambini ad imparare guardando i più grandi, oggi potrai scoprire la risposta.


Articolo di di Francesco Ruotolo, Giuseppe Bagnano e Alessandro Di Porzio

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Come impariamo? Il Karate e i Neuroni Specchio

Per capire come si passa dall’imitazione all’acquisizione di un processo motorio, parleremo di alcune parti molto importanti del nostro cervello. Il processo di imitazione e apprendimento è possibile tramite l’attivazione di una classe particolare di neuroni, i neuroni specchio.

Questi entrano in funzione in risposta a determinati stimoli, principalmente visivi, e determinano un’azione – ovvero una risposta che vuole riprodurre l’azione osservata. Nello specifico, è stato studiato come questi neuroni vengano sollecitati allo stesso modo sia durante lo svolgimento di un’azione sia durante la visione della stessa azione riprodotta da qualcun altro.

Per questo, la figura del/la Sensei è così importante nelle nostre sessioni di allenamento, perché ci permette di ottenere una riproduzione chiara della tecnica da eseguire, un modello a cui rifarci per correggere ma soprattutto intuire in autonomia quali sono i pezzi che mancano nel nostro Karate.

Perché abbiamo bisogno del/la Sensei?

Grazie a un/a praticante esperto che riesce a spiegare le tecniche, i passaggi e l’uso del corpo nelle varie fasi del Karate, possiamo visualizzare l’esecuzione e imparare guardando. Infatti, mentre osserviamo possiamo iniziare a creare un’immagine mentale e provare a capire quali parti del nostro corpo entreranno in gioco durante l’esecuzione del gesto.

Dopo la fase di comprensione grezza, grazie ai neuroni specchio, possiamo andare oltre e cercare di capire i risultati delle nostre azioni. Infatti, i neuroni specchio non sono propedeutici unicamente alla copia formale e grezza, ma ad una comprensione multilaterale di un’azione, quindi anche alla capacità di prevederne l’esito.

Come Impariamo: Il Karate e i Neuroni Specchio

Questo step dell’apprendimento è centrale per una reale comprensione dei gesti appresi.
Senza la dimensione finale (e quindi reale, fuori dall’imitazione e dall’immaginazione), non riusciamo ad esprimere al 100% le nostre forze e a realizzare la tecnica come dovrebbe.

Pensa per un attimo a tirare uno Gyaku Tsuki oppure un Mae Geri. La tua determinazione, la tua postura e la tua realizzazione cambiano drasticamente se pensi al fatto che quelle tecniche dovrebbero essere in grado di arrivare al bersaglio causando un certo danno, ma soprattutto che dopo la fine della tecnica non finisce il combattimento.

Mentalizzare l’esito significa, quindi, incorporare il risultato nel principio della tecnica, unire ideazione e risultato nell’azione.

Come fa il nostro cervello ad imitare un’azione?

Per sviluppare un’azione fisica, il nostro cervello non procede a tentoni: è necessario destrutturare un sistema complesso di movimenti in più passaggi elementari che già si conoscono. Insomma, per imparare dei gesti così complessi, dobbiamo riportarli ad una forma più digeribil: puoi immaginare una specie di vocabolario dei gesti entro cui pescare le giuste “componenti” per eseguire una tecnica. Questo processo di decostruzione della complessità porta non solo a riflettere su quello che sappiamo già fare, ma anche ad espandere il nostro vocabolario. Un po’ come quando, da bambini, chiedevamo perché o cosa significasse qualche parola, e, da quel momento, conoscevamo sia quella parola, che un nuovo concetto che ampliava il nostro modo di pensare.

La riproduzione di una tecnica, o di un insieme di tecniche (pattern), differisce di volta in volta, diventando più complesse con il passare del tempo. Un’altra importante abilità che ci insegna il Karate, quindi, è proprio la duttilità, la capacità di adattarci e rispondere agli stimoli esterni.

Dopo ogni lezione, auspicabilmente, dovremmo riuscire a mettere un tassello in più nel mosaico straordinario – e completamente personale – del nostro essere artisti marziali. Individuando diversi pattern riusciremo anche a capire meglio la finalità di tanti dei nostri gesti, fino ad arrivare ad essere Karateka anche durante la ginnastica preparatoria.

Per cui, i neuroni specchio sono molto più che uno strumento, non sono un semplice scanner, ma un modo
di rapportarsi con la realtà e gli altri.

Come funziona il processo di appredimento tramite i neuroni specchio?

Esistono tre step fondamentali che vengono attraversati durante l’apprendimento, ciascuno caratterizzato da un crescente livello di esecuzione pratica: coordinazione grezza, coordinazione fine e coordinazione autonoma della disponibilità variabile.

La prima (coordinazione grezza)è una semplice copia del gesto osservato, spesso resa in maniera rozza ed imprecisa, ma è fondamentale per l’assimilazione della tecnica. Questo è il passo iniziale, ed è importante non farsi scoraggiare da un’esecuzione che lascia ancora molto a desiderare. Anzi, il fatto che ci siano errori grossolani è terreno fertile per:

  • Studiare gli errori che ripetiamo anche nelle tecniche che conosciamo meglio e ci trasciniamo nelle nuove
  • Capire cosa diamo per scontato e ripensare i nostri assunti

Non dimenticare che, anche se non ci piacciono, gli errori fanno comunque parte del mosaico del nostro Karate personale, e vanno osservati per capire non solo i gesti che eseguiamo ma anche le radici emotive di alcuni dei nostri sbagli.

La seconda fase (coordinazione fine) è un perfezionamento della prima: attraverso uno studio più approfondito e la correzione degli errori, il gesto motorio acquisisce una maggiore efficacia e precisione. Questo è il momento perfetto per smussare gli angoli e rendere l’esecuzione più liscia, ma anche per lasciare andare emozioni negative come l’ansia, che generalmente è alimentata dalla competizione malsana e da aspettative inutilmente alte. Lasciati andare e ascolta il tuo corpo.

La terza fase (coordinazione autonoma) non è da intendersi come fase conclusiva, ma come un superamento concettuale delle prime due. È connotata da una comprensione profonda della tecnica, che viene finalmente espressa con risultati sempre più vicini all’efficacia massima, anche in condizioni svantaggiose.

L’acquisizione di una certa autonomia spiana quindi la strada ad un’eventuale rimodulazione dell’azione espressa, arrivando ad unire l’efficacia alla componente personale dell’artista marziale. Come dice il Maestro Alberto Pasquini nella sua Tesi per il 6° dan, noi non strutturiamo nulla di nuovo rispetto alla tradizione, ma creiamo delle varianti, delle alternative, e in questo si nasconde la nostra anima, il nostro percorso da artisti.

Qual è il metodo migliore per insegnare un nuovo schema motorio?

Il modo migliore per presentare una tecnica ad un soggetto che vuole apprenderla è ripeterla qualche volta (4-5), da subito con la giusta velocità d’esecuzione, ed affiancare l’esposizione fisica alla spiegazione breve del gesto (basta fornire solo le linee guida).

Il gesto va rallentato solo in seguito, quando chi apprende ha già familiarizzato con l’esecuzione. Inoltre, è errato caricarlo di spiegazioni approfondite, in quanto potrebbero rendere la comprensione del gesto inutilmente complicata. Quindi, se ti stai chiedendo quali sono gli step importanti per chi vuole insegnare, la capacità di sezionare gesti complessi e presentarli con pazienza è sicuramente una qualità che devi allenare fin da subito.

Inoltre, ricorda sempre che, da insegnante, il più grande contributo che puoi dare ai tuoi allievi e allieve è tenere vivo il fuoco della motivazione. Questo, in realtà, è lo stimolo più potente che l’essere umano può coltivare dentro di sé. Come avrai capito, quindi, non può essere solo il/la Sensei a creare la motivazione, deve partire sempre dall’allievo o allieva, ma non per questo l’insegnante è deresponsabilizzato dal motivare nel modo corretto il suo gruppo quando si trova in pedana.

In questo si trova una parte del percorso del marzialista spesso trascurato: se la struttura del nostro cervello e la presenza dei neuroni specchio ci insegnano qualcosa sulla nostra natura, è proprio che otteniamo i risultati più soddisfacenti quando creiamo un rapporto di fiducia con altre persone, specialmente se ne sanno più di noi. Nel raffronto possiamo ottimizzare i tempi dell’apprendimento, oltre che scoprire intuizioni che da soli non avremmo potuto scorgere. Anche se il Karate è uno sport individuale, che ci accompagna da quando siamo bambini fino all’età adulta, è importante cercare continuamente uno spunto ulteriore.

Come si imparano le tecniche del Karate?

Il filo rosso che collega le tre fasi dell’apprendimento tramite i neuroni specchio e permette a chi pratica di diventare esperto è la ripetizione: osservazione, pratica e modifica sono le chiavi dell’apprendimento che matura sulla base della tradizione.

Per cui, quando il/la tuo/a Sensei ti farà ripetere per la millesima volta un Kihon, oppure Bassai Dai o una combinazione da Kumite, non sbuffare! Pensa che il tuo corpo ha bisogno di migliaia di ripetizioni per fare proprio un gesto. E poi, riuscire a spingere anche quando sei esausto/a sia fisicamente che mentalmente è il modo migliore per allenare la parte più complessa del nostro corpo: la motivazione.

Quando sei presente a te stesso/a e ti alleni con consapevolezza, ogni secondo vale moltissimo! Anche imparare a riconoscere quali muscoli attivi durante determinati momenti della lezione è importante per eliminare movimenti superflui o addirittura antagonisti alla buona riuscita di una tecnica.

Unendo intenzione, motivazione e studio preciso della tecnica puoi arrivare a vivere il Karate-do come una meditazione attiva, curando il corpo tramite la presenza di spirito e rafforzando la resilienza tramite la soddisfazione di imparare nuove abilità.

Autori

Francesco Ruotolo

Giuseppe Bagnano

Alessandro Di Porzio

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